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martedì 26 giugno 2007

 

I poveri di Agnese

«I poveri ci vuol poco a farli passare per briganti», dice Agnese al cardinale Federigo nei Promessi Sposi (capitolo XXIV). E alludeva a Renzo, fatto passare nei rapporti della polizia e nell'opinione pubblica della Milano del 1600, come un sovversivo, un terrorista. Parole sempre vere. Perché fa parte della povertà anche non potersi difendere neppure nella reputazione.

E' quel che avviene, e non da oggi, ai palestinesi, due terzi dei quali vive con meno di due dollari al giorno: nell'opinione pubblica, così come viene informata dalla televisione, dalla radio e da quasi tutta la nostra stampa, essi sono rappresentati o come terroristi o come corrotti. Sintetizza alla sua maniera Giuliano Ferrara sul suo Foglio lunedì 18 giugno: «Gli scontri tra palestinesi hanno dato vita a due non-stati: uno il regno dell'oscurantismo, l'altro della corruzione». (...)

Ma, per tornare ai Promessi Sposi, Manzoni osserva al capitolo II: «I soverchiatori, tutti coloro che in qualunque modo fanno torto altrui, sono rei non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi». Tante situazioni si rispecchiano in questa sentenza, anche quella palestinese.
Luigi Fioravanti


domenica 24 giugno 2007

 

Lo stupido relativismo di Galileo

di Alessandro Robecchi

Ora che abbiamo messo ordine nella famiglia, non fermiamoci. Mi permetto di suggerire alla Chiesa Cattolica alcune battaglie culturali per il prossimo futuro.

Sistema solare. Come Santoro, come Luttazzi, come Sabina Guzzanti, ecco un altro furbetto che è diventato famoso facendo la vittima della censura: Galileo Galilei. Il suo stupido relativismo ha preso piede, ma si può passare al contrattacco. Prima si istilla il dubbio a livello puramente teorico. Paginone sul Foglio, titolo: Ma Galileo era infallibile? Segue dibattito sui maggiori quotidiani. Seguono trasmissioni in tivù. Segue manifestazione di massa. Seguono dirette televisive con interviste volanti ai manifestanti: «Noi giriamo intorno al sole? Ma chi si crede di essere il sole!». Tempo sei mesi e avremo il paese spaccato in due. Non ci credete? Vi sembra esagerato? Ricordatevi sempre che era lo stesso paese che comprava il sale da Wanna Marchi e le notizie da Emilio Fede.

L'anima della donna. È tempo di affrontare questo argomento spinoso, ma con grande cautela. Sarebbe bene che a sostenere che le donne non hanno l'anima siano delle donne. Ingaggiare dunque subito cinque o sei ex-femministe da portare in tivù (Otto e mezzo) a dire che forse sì, perché no, tutto sommato... dove sta scritto che le donne hanno l'anima? Alla prevedibile alzata si scudi dei laici rispondere: eh, ma come siete intolleranti! (Segnatevela questa, funziona sempre).

I partiti
. Sappiamo che la politica vorrà dire la sua. Sempre se gli conviene. Un universo piatto che gira intorno ad Arcore, per esempio, chiuderebbe per sempre il discorso sul conflitto di interessi. E se dopo un sondaggio si scoprisse che in Veneto, o in Molise, il 42% della popolazione non crede che le donne abbiano un'anima, immaginate la ferma posizione di Rutelli? Forse sì, perché no, tutto sommato... se non fossi ministro... Coraggio, cattolici! Sono obiettivi ambiziosi, ma si può fare!

(il manifesto - 13 mag. '07)

 

La ronda sinistra

di Alessandro Robecchi

Un caso va bene. Due casi, la faccenda si fa preoccupante. Tre casi, forse è il momento di chiamare le ambulanze. Sopra i quattro casi siamo all'epidemia. Succede infatti che la Stampa dà ampio risalto alle gesta del signor Diego Nardella, impiegato torinese, elettore Ds, che annuncia in prima pagina: parteciperà alle ronde notturne insieme ai fascistelli di Azione Giovani. Racconta Fabio Mussi (intervista al Manifesto di venerdì) che un ex dirigente dalla Fiom gli ha scritto: «Non vi seguo più, vi occupate solo di carcerati, finocchi e negri» (en passant: bella prosa). Il tutto segue la lettera a Repubblica di quell'ormai famoso Claudio Poverini che - da sempre di sinistra - si ritrova un po' razzista. La cosa fece qualche scalpore e se ne parlò a lungo. E non mancano gli imitatori: la signora Elisabetta Di Nardo («democratica, cattolica, con un passato femminista e comunista») scrisse all'Espresso del suo «dolore di essere diventata razzista».
Ora i casi sono due: o questi qui hanno ragione, e allora corriamo tutti a iscriverci alla Gestapo; oppure hanno torto, e bisogna avere il coraggio di dirlo. Invece, si traccheggia, in un debilitante coretto di «come la capisco amico mio», o di sottili analisi che giustificano questi elettori «di sinistra» diventati personaggi delle Sturmtruppen. Difficile dire come se ne esce, ma forse, invece di annuire, di blandire, di fare autocritica perenne e preventiva, si potrebbe ricominciare a dire che una scemenza è una scemenza, e non un segno del destino. Ovvio che la grande stampa si butti a pesce su questi casi: cascano come il cacio sui maccheroni, perfettamente funzionali al disegno tanto in voga di portare la sinistra sempre più verso destra. Chissà, forse se invece di telefonare a banchieri e scalatori, invece di dilaniarsi su quanto si è di lotta e quanto di governo, qualcuno avesse chiamato il signor Nardella per spiegargli che ha detto una cazzata, avremmo un mondo un pochino migliore. Di sicuro una sinistra migliore. Ma probabilmente è proprio questo che si vuole evitare. Soprattutto.

(il manifesto - 16 giu '07)

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