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martedì 25 settembre 2007

 
Dateci un altro rotolo di casta
Alessandro Robecchi

La casta, la casta, la casta. Il ritornello è facile e conviene adeguarsi. Non sono per niente un sostenitore dell'antipolitica, eppure confesso di aver pensato con un certo malanimo ai 500.000 euro spesi dalla Camera per comprare carta igienica. Ci ho pensato mentre portavo mio figlio alla scuola pubblica, con la sua dotazione di quattro rotoli, più il sapone, espressamente richiesti dalla direzione didattica. Bene. Ora che la casta ha fatto la figuraccia che tutti sanno, che ne direste di passare alle altre caste? Che ne dite dei famosi imprenditori, per esempio? Ogni anno da Santa Margherita Ligure i «giovani imprenditori» ci fanno la lezioncina su come sistemare il paese: le facce sono giovani, è vero, ma i nomi sono vecchi. Per la precisione sono i nomi dei vecchi imprenditori che hanno per figli i giovani imprenditori, che dal papà hanno imparato tutto, compreso il piagnisteo del povero imprenditore che chiede soldi allo stato. Forse, se la lotta di classe è fuori moda è anche perché si sa senza alcun dubbio chi l'ha vinta. Purtroppo, nel capitalismo italiano non c'è la crescita zero: interi consigli di amministrazione sono figli e nipoti di presidenti di consigli di amministrazione e via così. In pratica un paese ereditario, dove la casta della politica è solo la punta dell'iceberg, tanto che pare diventata pure lei, come i lavavetri, un capro espiatorio. Così, mentre tutti sono concentrati sul prezzo delle lasagne al ristorante del Senato, pochi si accorgono dello scandalo di miliardi e miliardi di euro pompati nelle tasche delle imprese, che prendono con una mano e porgono l'altra per chiedere ulteriore carità. Soldi nostri anche questi, come quelli che spendiamo per dare ai senatori la cernia fritta dorata a 3 euro e 53 centesimi. Soldi nostri che servono a finanziare, mantenere e perpetuare la casta. Un'altra casta, su cui ancora non si è scritto un libro che vada primo in classifica. Urge libro. E urge lotta di casta.

domenica 9 settembre 2007

 

Soliloquio

Maria Novella Oppo


Raidue non perde occasione per confermarsi la peggiore rete Rai (e non solo). Coerentemente, Gigi Moncalvo ha scelto di dedicare la ripresa di «Confronti» alla regina del salmone affumicato, Michela Vittoria Brambilla, chiamata «Pescivendola» da affezionati colleghi e camerati della sua parte politica. Era presente con lei in studio anche il vignettista Forattini, cosicché Moncalvo, tra i due stoccafissi, appariva un vero mostro di simpatia e calore umano. Anche se non si capisce proprio perché, nella sua nuova vita, questo programma senza vita si chiami Confronti e non Monologhi. La rossa che piace a Berlusconi ha ripetuto a memoria il suo verso, così come è stata programmata. D’altra parte, la sua maggiore preoccupazione, quando parla, è tenere in posa le gambe, anzitutto per un fatto estetico (o estatico) e poi per paura che le cadano le calze autoreggenti. Dopo le sue esibizioni, infatti, arrivano due fisioterapisti e un fabbro dotato di lanciafiamme, che le scongela gli arti e contemporaneamente le rinfresca la tintura dei capelli.

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