[..] Varrebbe la pena ricordare la lezione di Beowulf, l'eroe epico che strappa le braccia all'Orco che appestava la Danimarca: "
Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto, ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla". Proprio così, abituarsi a non avere il diritto di vivere nella propria terra, di capire quello che sta accadendo, di decidere di se stessi. Abituarsi a non avere più nulla.
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La congiura
di Maria Novella Oppo
Il cane da guardia Maurizio Belpietro si è esibito a Ballarò, stavolta contro Gianfranco Fini. Una istruttiva lezione, per farci capire quale sia la missione di questi cosiddetti giornalisti berlusconiani. E, guardando la furia messa in mostra dal direttore di Panorama contro un ex alleato (presto riallineato), non potevamo fare a meno di pensare: ma se questi non hanno vergogna di grugnire così in tv, che cosa saranno capaci di dire in privato? E ancora: se gli intermediari sono così indecenti, come sarà il mandante? In verità, qualcosa sappiamo, per merito delle intercettazioni. Sappiamo che il capo stesso telefona, tra l’altro, ai massimi dirigenti Rai, per dare loro incarichi non solo televisivi. Se ne serve anche per i suoi maneggi politici, quando non telefona in prima persona per convincere, con solidi argomenti, i senatori che gli occorrerebbero per far cadere Prodi. Ora tutta la destra riunita accusa la solita congiura comunista, ma siamo testimoni oculari noi spettatori che Berlusconi il suo programma acquisti lo ha sbandierato anche in tv!
(l'Unita - 13 dic. 07)
Manganelli Fini
di Maria Novella Oppo
Un bellissimo servizio del tg scientifico "Leonardo"ci ha fatto sapere che nei cadaveri delle vittime della eruzione del 79 d.C. a Ercolano sono state trovate tracce di antibiotici. Dunque, gli antichi romani (quelli, per dire, che hanno devastato e ripopolato, appunto, la Romania) non erano poi tanto antichi. Anche loro facevano guerre preventive e sterminavano intere popolazioni per portare «la pace e la civiltà». Duemila anni non bastano per cambiare il genere umano, ma un solo uomo, alle volte può bastare per cambiare la politica. E Gianfranco Fini si è messo in testa di essere lui quell´uomo forte. Come tale si è presentato alla "Mezz´ora" di Lucia Annunziata, agitando il manganello contro gli zingari e ripetendo più o meno le stesse accuse dei nazisti. Con loro - ha detto - non si può convivere. Proprio lui che ha convissuto, nel governo Berlusconi, con la mafia e con Bossi. Pessimo spettacolo, allestito nello sforzo titanico di presentarsi come futuro sindaco, anzi imperatore di Roma. Purché piaccia a Berlusconi, a Bossi e anche alla mafia.
Notte della vergogna
di Furio Colombo
Annotate la data perché se è importante ricordare ciò che onora un Paese, è anche più importante non dimenticare le date della vergogna, persone, circostanze e situazioni che disonorano tutti. È accaduto, durante una notte lunga e confusa, litigiosa e violenta, al Senato della Repubblica italiana. Come molti sanno è un luogo di gloriosa tradizione ma, di recente, mal frequentato. È un luogo rischioso per una signora di 98 anni Premio Nobel per la Medicina e senatrice a vita che si è avventurata nell’Aula dopo le nove di sera del 25 ottobre per adempiere al diritto-dovere del suo seggio e votare la legge n. 1819 detta «Interventi urgenti in materia economico-finanziaria».
Ecco che cosa è accaduto: quando la senatrice Levi Montalcini è entrata in Aula è esploso un urlo di rabbia e un coro di invettive da tutto il lato del Senato occupato dai senatori della Casa delle Libertà. Forse non tutti hanno partecipato al coro osceno, ma quasi nessuno se ne è dissociato. La ragione della rabbia? Da tempo è in corso al Senato una campagna di intimidazione violenta per impedire che i senatori a vita partecipino alle votazioni. Benché tale loro diritto sia stabilito in modo esplicito dalla Costituzione.
I nostri oppositori della Casa della Libertà sono sotto stretti ordini. Berlusconi aspetta la spallata, ovvero un tonfo della maggioranza al Senato. Berlusconi non ama aspettare. La spallata non arriva. E i senatori a vita sono un ostacolo.
Come il fascismo insegna, la violenza serve. Alcuni senatori a vita preferiscono non esporsi più nell’Aula del Senato che dovrebbe onorarli. La notte del 25 ottobre la senatrice Levi Montalcini ha sfidato uno dei locali peggio frequentati di Roma. Prima sono venuti gli insulti e si può capire la rabbia: quell’esile signora quasi centenaria, entrando in Senato ha fatto cadere la possibilità della spallata notturna.
Ma c’era una ragione in più a motivare stizza, rancore e violenza dei peggiori esponenti della casa della volgarità, rigidamente agli ordini di Berlusconi. Quella notte un buon numero di articoli della legge in votazione e degli emendamenti a quella legge riguardavano stanziamenti (modesti, purtroppo) per la ricerca scientifica.
A dare il segnale del mobbing ha provveduto subito il senatore Castelli. Ha trattato l’argomento così (i lettori potranno verificare sul sito del Senato): «la Levi Montalcini è venuta a incassare il premio dei suoi voti per il governo di centrosinistra». Da scienziata, la Nobel Levi Montalcini lavora tutt’ora alla Fondazione «European Brain Research Institute». È uno dei centri di eccellenza del mondo a cui il governo italiano ha rinnovato un modesto sostegno.
Ma per capire l’evento è necessaria la scena. L’ex ministro della Giustizia della Repubblica italiana ha dedicato foga, rabbia, volgarità e tutti gli argomenti che vengono in mente a un uomo come lui, gettandoli contro la signora che il Presidente Ciampi aveva nominato senatore a vita come forma alta di onore per qualcuno che ha onorato l’Italia nel mondo. In quell’Aula è stata trattata da tutta una parte del Senato come una ladra.
Ma questo è solo l’inizio di una notte di umiliazione e vergogna per tutti coloro che, in Senato, non sono a disposizione (letteralmente giorno e notte) di Berlusconi.
Prende infatti la parola il senatore Nitto Palma per ammonire col dito e sgridare (lui, Nitto Palma) la Nobel Levi Montalcini con questo argomento «Cara signora, lei se lo è andata a cercare. Invece di stare al di sopra delle parti (espressione che significa la intimidazione: “rinunci al suo diritto”, ndr) si è messa a votare. Dunque non si aspetti gli onori di casa».
Tra le varie voci maschili e femminili del mobbing fascistoide, spicca il “ritorno di Storace” al quale non dispiace ripetere alcune delle frasi apparse sul suo sito e ripetute pubblicamente. Ecco il più tipico dei suoi signorili argomenti: «come era contenta e come ringraziava la signora Levi Montalcini quando riceveva i contributi della Regione Lazio, ai miei tempi». Inutile sottolineare la profonda volgarità della frase, ancora più grande se si ricorda dove e contro chi è stata pronunciata.
Rita Levi Montalcini guardava incuriosita e senza timore lo strano aggregato di esseri stralunati detto “Casa delle libertà” che stava conducendo l’aggressione. Forse stava pensando a quanto possa essere elementare e primitiva la macchina del cervello umano, che lei ha studiato così a lungo.
Poi la signora si è alzata e ha chiesto di intervenire. Non una parola per i teppisti dello strano e mal frequentato locale di Roma detto Senato. Con voce appena un po’ emozionata ha detto grazie al governo e alla maggioranza per il contributo, per quanto modesto, alla ricerca scientifica. E ha annunciato che per quel punto della legge non avrebbe votato.
Lezione inutile, direte. Ma la notte è andata avanti nella incupita frustrazione della spallata che non è venuta. Il padrone sarà stato deluso. Ma è gente che ci riprova. Non alla spallata, un obiettivo finora sempre mancato. Ma gli insulti. Sono - alcuni di loro - gente molto impegnata nel peggio, con il privilegio di non avere un’immagine da salvare. La Casa delle libertà e la sua sottocasa detta “la Lega” non avrà scrupoli. Se qualcuno dei senatori a vita oserà ancora presentarsi a votare, sa che cosa lo aspetta.
Nella notte della vergogna in Senato alcune voci sono intervenute a difesa. Ma il timore di rendere impossibile la continuazione dei lavori e dunque la votazione, ha prodotto una conclusione triste. Il Senato non ha condannato la violenta e volgare messa in scena per intimidire (invano, per fortuna) la signora del premio Nobel che onora il Senato. La vergogna è grande e una domanda pesa come un macigno: è possibile che debba funzionare così il Senato, nella democratica Repubblica italiana nata dalla Resistenza, ai nostri giorni?
(l'Unita - 27 ott 07)
La «legge 30» condannata anche dall’Onu
L’Agenzia per il lavoro (Ilo) convoca l’Italia per discuterne: le forme di precarietà esistenti da noi sono contro la Convenzione 122
Vittorio Longhi
«Con il pretesto della flessibilità per modernizzare il mercato del lavoro, la legge 30 del 2003 ha creato una situazione di precarietà preoccupante. Secondo le statistiche ufficiali, i contratti a termine sono diventati quasi l’unico modo che hanno i giovani di trovare un impiego ma poi è raro che questi si traducano in lavori stabili, con un rapporto di uno a 25. Stanno aumentando le distorsioni del mercato del lavoro, specialmente nel sud del paese dove la diminuzione del tasso di occupazione ha raggiunto livelli allarmanti». Non sono le considerazioni note della sinistra radicale o dei metalmeccanici Fiom, critici sul Protocollo del governo perché conserva gran parte della legge 30, ma le osservazioni della Commissione di esperti dell’International labour organisation, Ilo, agenzia delle Nazioni unite per i diritti del lavoro, che ha preso in esame il caso italiano.
È passata quasi inosservata la notizia che il nostro governo, tramite il ministro Damiano, è stato convocato in un’audizione speciale nel corso della 96° Conferenza internazionale del lavoro, a giugno a Ginevra, per discutere della situazione in Italia e degli effetti della legge 30, che ha suscitato non poche perplessità nella comunità internazionale. L’Ilo, lo ricordiamo, ha un ruolo normativo e di controllo sull’applicazione delle norme internazionali, oltre che di sostegno ai governi impegnati nel perseguimento del «Lavoro dignitoso», Decent work, contro la deregolamentazione dell’occupazione e la negazione dell’intervento pubblico di protezione sociale. Dai verbali dell’audizione italiana, emerge con chiarezza «l’incompatibilità» delle riforme del governo Berlusconi rispetto alla Convenzione 122 sulle politiche del lavoro. La Convenzione, ratificata dall’Italia nel 1971, impone agli Stati membri l’adozione di «programmi diretti a realizzare un impiego pieno, produttivo e liberamente scelto» e in generale «l’elevazione dei livelli di vita, attraverso la lotta alla disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo».
Invece, secondo la Commissione composta da 20 giuslavoristi di tutto il mondo, «l’unico fine perseguito dal vecchio governo è la liberalizzazione del mercato del lavoro secondo un modello di contrattazione sempre più individualizzata, a discapito di politiche territoriali di sviluppo nell’industria e nella ricerca, fondamentali per assicurare competitività nei settori innovativi, anziché cercare di competere con le economie emergenti sul costo del lavoro». Pertanto, dopo avere ascoltato sindacati e imprese, dopo una valutazione della legge 30 e delle sue forme contrattuali, dopo un’analisi dei dati sull’andamento dell’occupazione italiana, la Commissione ha dato le sue indicazioni, individuando alcune priorità da seguire per rimediare ai danni dell’ultima riforma e rispettare la Convenzione 122. In sintesi, è stato richiesto «un ritorno alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come forma tipica di occupazione», attraverso una concertazione che vada a beneficio dei lavoratori, in termini di condizioni salariali e di vita, e non solo delle imprese. Inoltre, sono da affrontare con urgenza i problemi del lavoro irregolare, le persistenti disparità territoriali e di genere nell’occupazione, la dispersione scolastica, la disoccupazione di lunga durata, i bassi livelli di istruzione e, come indicato dal sindacato, la questione dell’età pensionabile, non risolvibile con scaloni più o meno alti, ma con forme migliori di flessibilità in entrata e in uscita. Il governo dovrà presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese in questa direzione e sul loro impatto.
Tuttavia, a parte un’effettiva ripresa del dialogo sociale, non sembra che il Protocollo sul welfare sia in linea con le osservazioni dell’Ilo riguardo alle modifiche radicali della legge 30, che poi coincidono con le posizioni iniziali del sindacato e della sinistra, tutta, ai tempi del governo Berlusconi. «Anche se le indicazioni non vanno nel dettaglio degli strumenti da adottare, con il Protocollo siamo ancora molto lontani dalle raccomandazioni che la Commissione di esperti ha dato», conferma Leopoldo Tartaglia del dipartimento internazionale Cgil e delegato del sindacato confederale alla Conferenza, coerente con i contenuti della piattaforma sindacale Cgil, Cisl e Uil di giugno. È interessante notare che «i rappresentanti della Confindustria presenti a Ginevra non hanno fatto commenti sulla descrizione della situazione italiana - racconta Tartaglia -, anzi hanno detto di apprezzare le intenzioni del governo attuale di combattere il lavoro precario e irregolare». All’audizione dell’Ilo non ha partecipato il ministro Damiano, seppure convocato formalmente, ma Lea Battistoni, che al ministero è direttore generale del mercato del Lavoro. Dopo avere premesso che il nuovo esecutivo è in carica da troppo poco tempo per mostrare già i risultati delle proprie politiche, Battistoni ha rassicurato la Commissione spiegando che le richieste dei sindacati erano state prese in considerazione e che non c’è motivo di preoccuparsi per il mancato rispetto delle convenzioni internazionali da parte dell’Italia: «Questa discussione – ha detto – sembra appartenere al passato, a un altro governo».
(il manifesto - 16 ottobre 07